sabato 23 maggio 2009

LA ROMANIA ALLE PORTE DELL’EUROPA
E’ da tanto che si parla di integrazione europea nei paesi dell’est ed ora e’ venuto il momento della verità. Ai confini orientali dell’Europa la Romania sta aspettando di essere accolta in un territorio politico che nel corso della storia essa ha protetto da invasori esterni fossero questi ottomani, tartari o altre popolazioni con intenzioni egemoniche. Nei nostri testi di storia è scritto a chiare lettere che Maometto II° voleva arrivare a conquistare Roma e cibare il suo cavallo all’altare di San Pietro; e sono stati i nostri avi a lottare contro di lui e a difendere così l’Europa dalle sue mire. I romeni hanno ripetutamente chiesto aiuto agli europei in quei tempi difficili, ma hanno sempre dovuto cavarcela da soli.


Abbiamo bruciato i nostri raccolti, le nostre case, avvelenato le nostre fontane e i nostri hanno versato il loro sangue. Le loro donne sono rimaste vedove e hanno visto anche ammazzargli i bambini. Pensando a questi fatti mi vengono in mente le maledizioni delle donne italiane che rimanevano sole a casa quando i loro mariti emigravano nelle Americhe.Questi ormai sono fatti lontani. Qual’e’ la situazione attuale? Siamo pronti alla nuova realtà? Abbiamo il complesso di sentirci diversi? Forse si, ma qui c’e’ in atto un vero cambiamento anche se lento. Ed almeno di noi non si parla più come diceva Alfonso d’Aragona dei calabresi: “Quella gente che di uomo avevano solo la figura”. Il Presidente Traian Basescu ha ricordato recentemente che il 1º gennaio 2007 ci sarà solo l’adesione della Romania alle Istituzioni dell’Unione Europea. Per l’integrazione, ha aggiunto il Presidente, ci vorranno almeno 10 anni, se saremo abbastanza determinati a cambiare i nostri modi un po’ troppo “balcanici” di fare. Per noi l’adesione e’ molto importante perchè ci permetterà di muoverci liberamente entro i confini europei. Già più di un milione di romeni sta lavorando all’estero. Qui sono rimasti 22 millioni dei quali molti vorrebbero partire. Sembra che vogliano rimanere solo quelli che amano troppo questo paese, i vecchi che vogliono essere sepolti nella terra che gli ha visti crescere e quelli che hanno una situazione economica soddisfacente.SUGLI ITALIANIDegli italiani i romeni dicono obiettivamente che hanno una cultura superiore e che hanno molte più opportunità di loro. L’Italia e’ uno dei paesi dove noi andremmo volentieri a vivere e lavorare e forse stabilirci per sempre. Ci sono tante similitudini tra le nostre due culture e inoltre noi siamo persone che si sanno adattare a tutte le situazioni e a fare quasi tutti i lavori. Se un nostro concittadino trova un lavoro all’estero vende la sua casa e parte senza indugi. I nostri emigrati quando telefonano a casa dicono sempre che stanno bene e sono contenti di mandare soldi per la famiglia rimasta a casa. Non dicono mai che vengono trattati male né che sono rimasti senza lavoro per settimane. Per loro la felicità è far vivere meglio i propri cari. Da Udine a Trapani puoi incontrare almeno un romeno in ogni città o paesino. Spesso fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare, a volte sembrano perdere la dignità ma tanto lì dove sono arrivati nessuno li conosce. Abbiamo sempre sofferto ma dopo l’adesione avremo pari diritti e guadagnato il rispetto. Non saremo forse più cittadini romeni ma la vita ci sorriderà.


Romania la portile Europei

A trecut mult timp de cand se vorbeste de integrarea europeana a tarilor din est si sud-est, iar acum se pare ca a venit momentul adevarului: la granita orientala, Romania asteapta sa fie acceptata intr-un teritoriu politic pe care in decursul istoriei l-a aparat de invadatori, fie ei turci sau tatari, ori alte popoare cu intentii hegemonice. In cartile noastre de istorie sta scris cu litera mare ca Mahomed al II-lea voia “in pristolul de la Roma / Sa dau calului ovaz”, iar stramosii nostri au luptat impotriva lui si au aparat astfel Europa de voia sa. In acele vremuri tulburi romanii au cerut in mod repetat ajutor europenilor, insa intotdeauna au trebuit sa se descurce singuri. Am dat foc recoltelor si caselor, am otravit fantanile, iar barbatii si-au varsat sangele pe campul de batalie. Femeile lor au ramas vaduve si si-au vazut copiii ucisi inaintea ochilor. Gandindu-ma la aceste aspecte tragice, imi vin in minte blestemele italiencelor ramase singure acasa cand barbatii lor emigrau in America. Astea sunt insa lucruri care s-au petrecut demult. Care e situatia actuala?Sintem oare pregatiti pentru noua realitate ce ni se infatisaza la orizont?Suntem complexati de a fi diferiti? E posibil, insa in Romania schimbarile sunt in curs, chiar daca se fac incet. Si traim cu speranta ca despre noi nu se vorbeste cum zicea Alfonso d’Aragona despre calabrezi: “Cei care, de om, aveau doar figura”. Presedintele Traian Basescu a tinut sa aminteasca recent ca la 1 ianuarie 2007 se va semna doar tratatul de aderare la Uniunea Europeana. Pentru integrare, a mentionat Presedintele, va mai fi nevoie de cel putin 10 ani de-acum inainte, asta daca vom fi destul de hotarati sa ne schimbam felul nostru de a face lucrurile, un fel cam prea balcanic. Pentru noi, procesul de aderare este unul destul de important pentru ca ne va permite sa circulam liber in spatiul Schengen. Sunt deja mai mult de un milion de romani in afara granitelor, iar din cei 22 de milioane ramasi in tara multi ar vrea sa plece. Se pare ca raman aici doar aceia care iubesc prea mult tara asta, batranii care vor sa fie inmormantati in pamantul unde au crescut si cei care au o situatie materiala destul de buna.
DESPRE ITALIENIIn mod obiectiv, romanii spun despre italieni ca acestia au o cultura superioara fata de a noastra si ca au mult mai multe sanse fata de noi. Italia este una dintre tarile unde am merge cu placere sa locuim si sa lucram, poate chiar sa ne stabilim pentru totdeauna. Intre aceste doua culturi sunt atatea similitudini si, mai mult decat atat, romanii sunt persoane care se pot adapta oricarei situatii si care pot executa orice fel de munca. Daca un conational de-ai nostri isi gaseste un loc de munca in strainatate, isi vinde casa si tot ce are si pleaca fara regrete. Cand telefoneaza acasa, emigratii romani spun intotdeauna ca le e bine acolo unde au ajuns si sunt fericiti ca pot trimite bani acasa pentru familie. Niciodata nu-i vei auzi ca se plang din cauza faptului ca au tratati urat, sau ca au ramas fara loc de munca saptamani intregi. Pentru ei, fericirea inseamna sa ii ajute pe cei dragi sa traiasca mai bine. De la Udine la Trapani, nu se poate sa nu te intalnesti macar cu un roman in orice oras sau orasel. Cel mai adesea fac muncile pe care italienii le refuza, cateodata poate parea ca isi pierd demnitatea, dar oricum, acolo unde au ajuns, nu ii cunoaste nimeni. Am suferit toate vitregiile sortii intotdeauna, dar poate ca dupa integrare vom avea si noi drepturi egale cu europenii si ne vom fi castigat respectul cuvenit. Nu vom mai fi simpli cetateni romani si poate ca soarele va rasari si pe strada noastra.Florin Stingaciu

venerdì 22 maggio 2009

Storia della Romania


La Romania è situata al centro dell’Europa, nella parte a nord della Penisola Balcanica, e il suo territorio confina con i Monti Carpazi, con il Danubio e con il Mar Nero.
Il territorio romeno è stato abitato sin dai tempi antichi. Per questo, le ricerche svolte dagli archeologi romeni a Bugiuleşti, nella zona Vâlcea, hanno condotto al ritrovamento di una reliquia umana, risalente all’inizio del Paleolitico Inferiore (circa 2 milioni di anni a.C.).
All’inizio del secondo millennio, quando l’Era del Paleolitico faceva spazio all’Era del Bronzo, delle tribù della Tracia di origine indoeuropea si stabilirono accanto alle popolazioni che abitavano già nel Bacino Carpazo-Balcanico. Dal tempo dei Traci, si può parlare di un fenomeno ininterrotto di creazione del popolo romeno.
Strabo – un geografo e storico rinomato all’epoca dell’imperatore Augusto, ci informa che “anche i daci avevano quella stessa lingua e quei gesti”. Inizialmente, essendo lo stesso popolo, l’unica differenza tra i daci e i traci era la zona nella quale risiedevano: i daci, principalmente, abitavano sulle montagne e sull’altopiano della Transilvania; i traci nel Bacino del Danubio.
Il Re Burebista (82 – fino a circa il 44 a.C.) riuscì a riunire le tribu’ traco-daciche per la prima volta, e creò un regno forte e potente.
Ma la Dacia raggiunse l’apogeo del suo potere sotto il regno di Decebal (87-106 d.C.). Questi    (Decebal) venne sconfitto dall’imperatore Traiano (98-117 d.C.), il quale trasformò il regno in una provincia romana denominata Dacia.
La colonna di Traiano, innalzata a Roma, e il mausoleo di Adamclisi (nella Dobrogea) raccontano di queste vicende militari, che furono la conseguenza della massiccia e sistematica colonizzazione dei nostri territori che vennero annessi al nuovo impero. 
Successivamente, la Provincia fu sottoposta a un complesso processo di romanizzazione, il cui elemento di base erano le tasse e l’adozione definitiva della lingua latina. I Romeni sono oggi i discendenti certi dell’Impero Romano d'Oriente; la lingua romena è una delle più grandi eredi della lingua latina, accanto alla Francia, l’Italia, la Spagna, la Romania è l’oasi della latinità in questa parte dell’Europa.
Non appena la simbiosi tra daci e romani fu realizzata,venne portata a termine nel VI-VII sec., attraverso la formazione del popolo romeno. Tra il II e il IV sec., i daco-romani adottarono il cristianesimo nella sua forma latina; in seguito, nei sec. VI-VII, quando il processo di formazione del popolo romeno giunse a conclusione, la nazione si addentrò nella storia come una nazione cristiana.
Nei sec. IV-XIII, il popolo romeno dovette far fronte alle ondate di popoli migratori – “goti”, “unni”, “gepizi”, “avari”, “slavi”, “cumani”, “sassari” - che attraversarono il territorio della Romania.
All'inizio del X sec., fonti bizantine, slave e ungare, e più tardi fonti occidentali, accennarono all'esistenza di un'entità statale della popolazione romena - Cnezate si Voievodate (antica forma di organizzazione statale) - che vide la nascita in Transilvania e Dobrogea, poi, nei sec. XII-XIII, anche nei territori ad est e a sud dei Carpazi. Il tratto specifico della storia romena dal Medio Evo fino all'epoca moderna è che i romeni hanno vissuto in tre principati vicini ma autonomi - Valacchia, Moldavia e Transilvania.
Nella seconda metà del XIV secolo, una nuova minaccia si abbattè sul territorio romeno: l'Impero Ottomano.
Da soli o in alleanza con le zone rumene cristiane vicine, vale a dire con i signori degli altri principati romeni vicini, Mircea cel Batran dalla Valacchia (1386-1418) e Vlad Ţepeş ( Dracula nella leggenda medievale – 1456-1462 ), come anche Ştefan cel Mare si Sfânt (1457-1504), il signore della Moldavia, e Iancu de Hunedoara, il signore della Transilvania (1441-1456), condussero ardue battaglie di difesa contro i turchi, impedendo loro l'espansione verso il centro dell'Europa. Nonostante questo, l'intera Penisola Balcanica divenne territorio turco. Di conseguenza, la Moldavia e la Valacchia furono accerchiate e dovettero riconoscere la sovranità dell'Impero Ottomano per un periodo di oltre tre secoli. La Transilvania divenne un principato autonomo nel 1541, ma riconobbe ugualmente la sovranità dell'Impero Ottomano, come gli altri due territori romeni.
Il tributo pagato al sultano aveva lo scopo di garantire il mantenimento dell'autonomia interna, ma a quei tempi anche la protezione da altri nemici forti. La Valacchia e la Moldavia, detenendo il loro statuto autonomo, hanno continuato, dopo la caduta dell'Impero Bizantino, a coltivare le tradizioni culturali bizantine e hanno annesso accanto a loro, nello stesso tempo, il mantenimento della religione ortodossa orientale. 
La fine del XVI secolo fu dominata dalla personalita' di Mihai Viteazul. Questi divenne signore della Regione Romena (Valacchia) nel 1593. Egli riusci', dopo ardue battaglie (Călugăreni, Giurgiu), a riottenere l'indipendenza del suo paese. Nel 1599-1600, per la prima volta nella storia, riunì tutti i territori occupati dai romeni, proclamandosi "Principe del Territorio Romeno, della Transilvania e dell'intera Moldavia". Senonchè, purtroppo, questa unione fu di breve durata, dal momento che Mihai Viteazul venne assassinato nel 1601.
Il Trattato di pace turco-austriaco di Karlowitz (1699) sancisce l'annessione della Transilvania e la organizza come un principato autonomo dell'Impero Austriaco (dal 1765 diventa un grande principato, guidato da un governatore).
L'Impero Ottomano, nel tentativo di difendere la vecchia posizione, introdusse in Moldavia (1711) e nel Territorio Romeno (1716), un regime fanariot (capi presi da Fanar) che sarebbe durato fino al 1821, e sotto il quale la Porta Sublime nominò per quei due principati dei sovrani greci, reclutati a Fanar, un quartiere di Istanbul, che erano considerati uomini di fiducia dai turchi.
Fissati i confini tra i tre grandi imperi (Ottomano, Austriaco, Russo), con l’accordo di tutti e tre, il Territorio Romeno e la Moldavia divennero, nel giro di 150 anni, non solo territori di confronto, ma anche di battaglia, per i quali gli eserciti degli imperi si scontrarono.
L'Austria e la Russia hanno combattuto per molti anni contro l'Impero Ottomano (1710-1711, 1716-1718, 1735-1739, 1768-1774, 1787-1792, 1806-1812, 1828-1829, 1853-1856): queste battaglie hanno avuto luogo sul suolo romeno e sono state accompagnate ogni volta dall'occupazione militare straniera.
Dopo la guerra russo-turca del 1806-1812, la Russia ha annesso la parte orientale della Moldavia, il territorio tra le sorgenti di Nistru e Prut, denominato più tardi Basarabia (1812-1918).
Dal 5 al 17 gennaio 1859 in Moldavia, e dal 24 gennaio al 5 febbraio 1859, nel Territorio Romeno, i romeni elessero il colonnello Alexandru Ioan Cuza, come unico signore, realizzando, di fatto, l'unione tra quei due principati.
Lo stato nazionale romeno, così costituito, nasce tra il 24 gennaio e il 5 febbraio 1862, con il nome di Romania, e la capitale viene stabilita a Bucarest.
Assistito da Mihail Kogălniceanu, il suo più vicino consiliere, Alexandru Ioan Cuza iniziò un programma di riforme che contribuì alla modernizzazione della società romena e della struttura statale, tra cui ricordiamo: la Legge sulla secolarizzazione del patrimonio dei monasteri (1863), la riforma agraria, che liberò i contadini dal peso dei debiti feudali rendendoli anche proprietari della terra (1864), il codice penale, il codice civile (1864), la legge sull'educazione, il cui principio era che l'educazione scolastica primaria divenisse obbligatoria e gratuita (1864), la fondazione delle Università di Iasi (1860), e di Bucarest (1864).
Il 14-26 marzo 1881, la Romania si proclamò regno e Carol I di Hohenzollern Sigmaringen fu incoronato re della Romania.
All'inizio del XX secolo, i romeni erano un popolo con più di 12 milioni di abitanti, dei quali circa la metà era sotto la dominazione straniera.
A quel tempo, in Transilvania, i romeni soffrivano per le gravi conseguenze dell'accordo attraverso il quale lo stato ungaro si ristabiliva dopo più di tre secoli di collasso, durante i quali fu creata l’unione austro-ungarica (1867).
La Transilvania perse lo statuto autonomo che aveva avuto sotto la dominazione austriaca e fu incorporata all'Ungheria.
Budapest proclamò l'esistenza di una sola nazionalità in Ungheria, quella magiara, destinata a distruggere il patrimonio etno-culturale delle altre popolazioni, forzandole a diventare ungheresi. 
Il periodo 1878-1914 fu un periodo di stabiltà e progresso per la Romania. La politica si polarizzò intorno ai due maggiori partiti – conservatore ( Lascăr Catargiu, Petre Carp, Gheorghe Grigore Cantacuzino, Titu Maiorescu ) e liberale ( Ion C. Bratianu, Dimitrie Sturza, Ion I. C. Brătianu ). Nell'agosto 1914, quando scoppiò la prima guerra mondiale, la Romania dichiarò la sua neutralità.
Due anni più tardi, dal 14 al 27 agosto 1916, si avvicinò ad Alazi, il quale aveva promesso un appoggio per raggiungere l'unità nazionale. Il governo condotto da Ion I.C. Brătianu dichiarò guerra all'Austria - Ungheria. 
L'adunata nazionale dalla Transilvania, convocata ad Alba Iulia dal 18 novembre al primo dicembre 1918, votò, in presenza di più di 100.000 delegati, l'unione della Transilvania e di Banat (zona a ovest della Romania di oggi) con la Romania.
Nell'estate del 1917, nelle grandi battaglie di Mărăşeşti, Mărăşti e Oituz i romeni respinsero i tentativi delle potenze centrali di difendersi, scossero la Romania con la guerra, e occuparono il resto del suo territorio.
Il 15-28 novembre 1918, il Consiglio Nazionale di Bucovina votò a Cernăuţi l'unione di quelle province con la Romania.
Una grave crisi nell'estate del 1940 portò all'abdicazione del re Carol II, in favore di suo figlio, Mihai I (6 settembre 1940). In quel periodo si realizzò l'assunzione del regno da parte del generale Ion Antonescu (che era diventato maresciallo nell'ottobre 1941).
Il 30 dicembre 1947, il re Mihai I fu costretto ad abdicare e in quei giorni venne proclamata la Repubblica Popolare. Si instaurò la dittatura di un unico partito, basata su una sorveglianza onnipotente e omnipresente e sulla forza della repressione.
Alla morte di Gheorghe Gheorghiu-Dej (1965), il leader comunista all'epoca del dopoguerra, la conduzione del partito, che tempo dopo coincise anche con la conduzione dello stato, fu monopolizzata da Nicolae Ceauşescu. In un breve periodo, egli riuscì a concentrare nelle proprie mani (e in quelle del clan guidato da sua moglie, Elena Ceauşescu) tutte le fonti di potere del partito comunista e quelle dell'intero apparato statale.
La dittatura della famiglia Ceauşescu, una tra le più insensate forme di governo totalitarista nell'Europa del XX secolo, basata sul culto della personalità, il cui fregio, di fatto patologico, ha avuto come risultato, tra gli altri, la distorsione dell'economia e il degrado della vita sociale e morale, isolò il Paese dal resto della comunità internazionale. Le risorse del Paese furono illecitamente impiegate per la costruzione di un assurdo progetto gigante, generato dalla megalomania del dittatore. Questo ha contribuito, allo stesso tempo, al drammatico abbassamento del livello di vita della popolazione e all'aggravarsi della crisi del regime.
Il 22 dicembre 1989, la dittatura fu rovesciata, a costo del sacrificio di più di 1000 vite.
La vittoria della rivoluzione ha aperto la strada verso la riabilitazione della democrazia, del sistema politico pluralista, per il ritorno ad un'economia di mercato e per la reintegrazione del Paese nello spazio economico, politico e culturale europeo.

Istoria României


România este situată în Centrul Europei, în partea de nord a Peninsulei Balcanice, şi teritoriul sau este marcat de Munţii Carpaţi, Dunăre şi Marea Neagră.
Teritoriul românesc a fost locuit încă din cele mai vechi timpuri. Astfel că, cercetările făcute de arheologii români la Bugiuleşti, Ţinutul Vâlcei, a dus la descoperirea unor relicve umane, datând de la începutul Paleoliticului Inferior (aprox. 2 milioane de ani înainte de Hristos).
La începutul mileniului al doilea, când Epoca Paleoliticului făcea loc Epocii de Bronz, triburile tracice de origine indo-europeană se stabileau alături de populaţia care deja trăia în Bazinul Carpato-Balcanic. De pe vremea tracilor, se poate vorbi de un fenomen neîntrerupt de creare a poporului român.
Strabo - un geograf şi istoric renumit din epoca împăratului Augustus, ne informează că "dacii aveau aceeaşi limbă ca şi geţii". Iniţial, a fost acelaşi popor, singura diferenţă dintre daci şi geţi fiind zona în care locuiau ei: dacii - în mare parte - locuiau în munţii şi pe platoul Transilvaniei; geţii - în Câmpiile Dunării.
Regele Burebista (82 - până în jur de 44 înainte de Hristos), a reuşit să unească triburile geto-dacice, pentru prima dată şi a creat un regat puternic şi întins.
Însă, Dacia s-a aflat în apogeul puterii sale sub regele Decebal (87-106 e.n.). Acesta (Decebal) a fost învins de către împăratul Traian (98-117 e.n.), care a  transformat regatul într-o provincie romană numită Dacia.
Columna lui Traian, înalţată la Roma, şi mausoleul de la Adamclisi (Dobrogea) povestesc despre această încleştare militară, care a fost urmată de o masivă şi sistematică colonizare a noilor teritorii integrate noului imperiu.
Prin urmare, Provincia,  a fost supusă unui proces de romanizare complex, elementul său de bază fiind impunerea şi adoptarea definitivă a limbii latine. Românii sunt astăzi singurii descendenţi ai Imperiului Roman de Răsarit; limba română este una din marile moştenitoare ale limbii latine, alături de Franţa, Italia, Spania, România este o oază de latinitate în această parte a Europei.
La vremea când simbioza etno-culturală dintre daci şi romani a fost realizată, şi s-a finalizat în sec. VI-VII, prin formarea poporului român, între sec. II si IV, daco-romanii au adoptat creştinismul în forma sa latină. Prin urmare, în sec. VI-VII, când procesul de formare a poporului român a fost gata, naţiunea a pătruns în istorie ca o naţiune creştină.
În sec. IV-XIII, poporul român a trebuit să facă faţă valurilor de popoare migratoare - goţii, hunii, gepizii, avarii, slavii, pecinegii, cumanii, tătarii - care au traversat teritoriul României.
Începând cu sec. al X-lea, surse bizantine, slave şi ungare, şi mai târziu surse occidentale, menţionează existenţa entităţilor statale ale populaţiei româneşti - cnezate şi voievodate - la început în Transilvania şi Dobrogea, apoi în sec. XII-XIII, şi în teritoriile de la estul şi sudul Carpaţilor. O trăsătură specifică a istoriei românilor din Evul Mediu, până în epoca modernă, este aceea că ei au trăit în trei principate vecine, dar autonome, - Valahia, Moldova şi Transilvania.
În cea de-a doua jumătate a sec. XIV, o nouă ameninţare se abătea asupra teritoriilor româneşti: Imperiul Otoman.
Singure sau în alianţă cu ţările creştine vecine, mai degrabă în alianţă cu voievodatele vecine ale celorlalte două principate româneşti, voievozii Mircea cel Bătrân al Valahiei (1386-1418) şi Vlad Ţepeş (Dracula din legendele medievale - 1456-1462), precum şi Ştefan cel Mare şi Sfânt (1457-1504), voievodul Moldovei şi Iancu de Hunedoara, voievodul Transilvaniei (1441-1456), au dus grele bătălii de apărare împotriva turcilor, împiedicându-le expansiunea spre centrul Europei. Cu toate acestea, întreaga Peninsulă Balcanică a devenit teritoriu turcesc. Prin urmare, Valahia si Moldova erau încercuite şi a trebuit să recunoască suzeranitatea Imperiului Otoman timp de peste trei secole. Transilvania a devenit principat autonom, în 1541, dar ea a recunoscut, de asemenea, suzeranitatea Imperiului Otoman, ca şi celelalte două teritorii româneşti.
Tributul plătit sultanului avea menirea să garanteze păstrarea autonomiei interne, dar în acelaşi timp, şi protecţia împotriva altor duşmani puternici. Valahia şi Moldova, deţinând propriul lor statut autonom, au continuat, după căderea Imperiului Bizantin, să cultive tradiţiile culturale bizantine şi au luat asupra lor, în acelaşi timp, păstrarea religiei ortodoxe răsăritene.
Sfârşitul sec. XVI a fost dominat de personalitatea lui Mihai Viteazul. El a devenit voievod al Ţării Româneşti în 1593. . El a reuşit, după grele bătălii (Călugăreni, Giurgiu) să redobândească chiar independenţa ţării sale. În 1599-1600, pentru prima dată în istorie, el a unit toate teritoriile locuite de români, proclamându-se "Prinţ al Ţării Româneşti, al Transilvaniei şi al întregii Moldove". Însă, din păcate, aceasta unire a ţinut destul de puţin, deoarece, această unire a fost de scurtă durată, întrucât Mihai Viteazul a fost asasinat în 1601.
Tratatul de pace austriaco-turcesc de la Karlowitz (1699) sancţiona anexarea Transilvaniei şi organizarea ei ca un principat autonom la Imperiul Austriac (din 1765 a devenit mare principat, condus de un guvernator).
Imperiul Otoman, în încercarea de a-şi apăra vechile poziţii, a introdus în Moldova (1711) şi Ţara Românească (1716) "regimul fanariot", care a durat până în 1821, şi sub care Sublima Poartă desemna în cele două principate domnitori greci, recrutaţi din Fanar, un cartier al Istambulului, care erau consideraţi drept credincioşi ai turcilor.
Situate la graniţa celor trei mari imperii (Otoman, Austriac, Rus), şi râvnite de toate trei, Ţara Românească şi Moldova au devenit, timp de mai bine de 150 de ani, nu numai teritorii de confruntare, dar chiar şi de bătălie, pe care armatele imperiilor s-au întâlnit.
Mulţi ani, Austria şi Rusia au luptat împotriva Imperiului Otoman (1710-1711, 1716-1718, 1735-1739, 1768-1774, 1787-1792, 1806-1812, 1828-1829, 1853-1856): acele lupte au avut loc pe pământul României şi au fost însoţite întotdeauna de ocupaţie militară străină.
După războiul ruso-turc din 1806-1812, Rusia a anexat partea de răsărit a Moldovei, teritoriul dintre râurile Prut şi Nistru, numit mai târziu Basarabia (1812-1918).
În 5-17 ianuarie 1859, în Moldova, şi în 24 ianuarie-5 februarie 1859, în Ţara Românească, românii îl aleg pe colonelul Alexandru Ioan Cuza, ca domnitor unic, realizând, de facto, unirea celor două principate.
Statul naţional român, astfel constituit, a luat în 24 ianuarie - 5 februarie 1862, numele de România şi şi-a stabilit capitala la Bucureşti.
Asistat de Mihail Kogălniceanu, cel mai apropiat consilier al său, Alexandru Ioan Cuza a iniţiat un program de reforme care a contribuit la modernizarea societăţii româneşti şi a structurilor statale: Legea secularizării averilor mănăstireşti - 1863, Legea reformei agrare, eliberând ţăranii de sarcina îndatoririlor feudale şi împroprietărindu-i cu pământ (1864), Legea codului penal, Legea codului civil (1864), Legea educaţiei, în principiul căreia şcoala primară devenea obligatorie şi gratuită (1864), înfiinţarea universităţilor din Iaşi (1860) şi din Bucureşti (1864).
Pe 14-26 martie, 1881, România s-a proclamat regat şi Carol I de Hohenzollern Sigmaringen a fost încoronat ca rege al României.
La începutul sec. XX, românii erau un popor cu peste 12 milioane de locuitori, dintre care aproape jumătate se aflau sub dominaţie străină. În aceeaşi vreme, în Transilvania, românii sufereau consecinţele serioase ale acordului prin care statul ungar se restabilea, după mai mult de 3 secole de colaps, în care a fost creată dualitatea austro-ungară (1867).
Transilvania şi-a pierdut statutul autonom pe care l-a avut sub stăpânirea austriacă şi a fost încorporată în Ungaria.
Budapesta proclamă existenţa unei singure naţionalităţi în Ungaria - aceea maghiară, destinată să distrugă din punct de vedere etno-cultural celelalte populaţii, forţându-le să devină ungare. Perioada 1878-1914 a fost una de stabilitate şi progres pentru România. Politica s-a polarizat în jurul a două partide mari - conservator (Lascăr Catargiu, Petre Carp, Gheorghe Grigore Cantacuzino, Titu Maiorescu) şi liberal (Ion C. Bratianu, Dimitrie Sturza, Ion I. C. Brătianu). În august 1914, când a izbucnit primul război mondial, România s-a declarat neutră. 
Doi ani mai târziu, în 14-27 august 1916, ea s-a alăturat Aliaţilor, care i-au promis sprijin pentru dobândirea unităţii sale naţionale. Guvernul condus de Ion I.C. Brătianu a declarat război Austro-Ungariei. 
Adunarea naţională din Transilvania, convocată la Alba Iulia în 18 noiembrie-1 decembrie 1918, a votat, în prezenţa a peste 100.000 de delegaţi, unirea Transilvaniei şi Banatului cu România.
În vara lui 1917, în marile bătălii de la Mărăşeşti, Mărăşti şi Oituz, românii au respins încercarea puterilor centrale de a se apăra şi au scos România din război, ocupându-şi restul teritoriului.
La 15-28 noiembrie 1918, Consiliul Naţional din Bucovina a votat la Cernăuţi unirea acelei provincii cu România. 
Serioasa criză din vara lui 1940 a dus la abdicarea regelui Carol al II-lea, în favoarea fiului său, Mihai I (6 septembrie 1940); în acelaşi timp, a dus la preluarea Guvernului de către generalul Ion Antonescu (el a devenit mareşal în octombrie 1941).
La 30 decembrie 1947, Regele Mihai I a fost forţat să abdice şi în aceeaşi zi a fost proclamată Republica Populară. S-a instaurat dictatura unui singur partid, bazată pe o supraveghere omnipotentă şi omniprezentă şi pe forţă de represiune.
La moartea lui Gheorghe Gheorghiu-Dej (1965), liderul comunist al epocii de după razboi, conducerea partidului, care mai târziu a fost identificată şi cu conducerea de stat, a fost monopolizată de către Nicolae Ceauşescu. Într-o scurtă perioadă, el a reuşit să concentreze în propriile mâini (şi ale celor ale clanului condus de soţia sa, Elena Ceauşescu), toate pârghiile puterii partidului comunist şi cele ale sistemului de stat.
Dictatura familiei Ceauşescu, una dintre cele mai absurde forme de guvernare totalitaristă din Europa secolului XX, bazata pe cultul personalităţii care friza, de fapt, patologicul, a avut ca rezultat, printre altele, distorsiuni în economie, degradarea în viaţa socială şi morală, izolarea ţării în cadrul comunităţii internaţionale. Resursele ţării au fost abuziv folosite pentru construirea unor proiecte gigant absurde, născocite de megalomania dictatorului. Asta a contribuit, de asemenea, la scăderea dramatică a nivelului de trai al populaţiei şi la adâncirea crizei regimului.
La 22 decembrie 1989, dictatura a fost răsturnată, prin sacrificiul a peste 1000 de vieţi.
Victoria revoluţiei a deschis drumul spre restabilirea democraţiei, a sistemului politic pluralist, pentru întoarcerea la economia de piaţă şi reintegrarea ţării în spaţiul economic, politic şi cultural euroepan.

europa debole

Andare a fare una vacanza nei paesi in cui si paga in dollari, comprare prodotti cinesi a meno prezzo, pagare la benzina meno.
Io mi chiedo: ma i giornalisti che dicono queste scemenze lo sono o lo fanno? o non si rendono conto di quali idiozie stanno dicendo e confermano quello che penso e sento dire dalla gente, ovvero che sono solo schiavi di chi ha interesse a fargli dire simili balle.
Pagare la benzina meno: roba da morir dal ridere.
Certamente i petrolieri la pagano meno e certamente fanno un mucchio di soldi, visto che noi la paghiamo sempre lo stesso prezzo!
Comprare prodotti cinesi a minor prezzo: certo che se si potessero mangiare i computer o i lettori di DVD sarebbe conveniente. Peccato che la spesa ogni giorno si faccia in Euro e peccato che i beni alimentari e agricoli siano iperprotetti e di concorrenza da area dollaro non se ne parla nemmeno
Andare in vacanza dove si paga in dollari: la soddisfazione del pirla. A parte il fatto che sarebbe bene andare in vacanza in Italia, se fosse economicamente accessibile (ormai siamo più cari - sul serio - della Svizzera), ma che soddisfazione c'e' ad andare in vacanza dove si paga in dollari? E' soddisfazione andare in vacanza perchè si sta bene e si guadagna, non di certo quando tornando si potrebbe aver perso il posto di lavoro.
La realtà è che con l'euro così forte non si vende nulla all'estero e l'unico rimedio per le aziende è chiudere o andare a produrre dove il lavoro si paga in dollari. Oggi paradossalmente conviene aprir fabbriche in America, per non dire ovviamente tutti gli altri paesi dell'estremo oriente legati al dollaro.

La realtà è che gli americani sono furbi e usano la valuta politicamente per i loro interessi di medio e lungo periodo. Noi in Europa non abbiamo un potere politico che possa fare altrettanto e ci siamo affidati ai banchieri, che ovviamente gestiscono la valuta cercando di mantenerla ai valori più alti possibili. In questo modo garantiscono il potere di acquisto di chi i soldi li ha, contribuiscono ad aumentare il differenziale fra chi ha e chi non ha, e fanno sì che gli imprenditori e i loro dipendenti vadano in malora.
Quindi, andiamo in vacanza in area dollaro e, mentre siamo la', cerchiamo di vedere se possiamo aprirci un'attivita' e restarci, perche' qui, di questo passo, ci sara' ben poco da ridere.

EURO

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