domenica 9 settembre 2007

Imprenditori italiani in Romania


E' crisi. No, è un nuovo boom. Il minimo che si possa dire a proposito degli imprenditori italiani in Romania è che le loro opinioni sulla situazione economica del paese, sui loro investimenti e sui loro profitti, sono variegate. Anzi contraddittorie. AI di là di qualsiasi valutazione, una novità salta agli occhi: oggi chi investe in Romania non è più il terzista che dal Veneto o dalle Marche trasferisce la sua «fabbrichetta» nel paese dei Carpazi e lavora per grandi imprese come la Geox o la Zanussi.
È il momento invece dell'agricoltura.In questo settore la parte del leone l'ha fatta Stefano Orlandi che con la sua Emilian West Rom ha comprato in Romania oltre 100 mila ettari, l'equivalente di una piccola provincia italiana. Nel solo distretto di Timis (Banato), su 60 mila ettari di aree coltivabili posseduti da imprenditori stranieri, più del 50 per cento appartengono a italiani. Qui Orlandi con la sua Emilian West Rom haacquisito 9.839 ettari, cui si aggiungono i 3.127 ettari della Orlandi Investment.
Sempre nel Timis sono presenti il gruppo Amadori (che in Italia ha grandi allevamenti di pollame) e altri gruppi minori. Inevitabile 1'aumento dei prezzi: nel Banato i terreni agricoli al momento si vendono tra i 5 mila e gli 8 mila euro per ettaro, a seconda della distanza dalla città di Timisoara. Nei pressi del capoluogo regionale i prezzi arrivano fino a Il mila euro. Nel 1999-2000, quando gli imprenditori italiani avevano incominciato ad acquistare terreni agricoli, il prezzo all' ettaro era di mille euro.
Dietro l'agricoltura e i terreni nelle campagne, altro settore che ha di recente attirato l'attenzione degli investitori italiani è quello immobiliare. Come conferma a Panorama Roberto Sperandio, consulente nel settore agricolo e immobiliare. «In quattro anni, dal momento in cui nella Ue è stato introdotto l'emo, il valore degli immobili è quadruplicato. E la corsa non è finita». Cabral Ceroni, immobiliarista, precisa che i rendimenti nel settore abitativo, in città come Bucarest, Timisoara, Arad, Cluj, sono dell'ordine del 30 per cento annuo, per arrivare al 50 e anche al 100 per cento negliuffici e negli immobili di prestigio».
Si tratta di un mercato per gli stranieri e una ristretta minoranza della popolazione: l'89 per cento dei romeni vive infatti al limite o al di sotto della soglia di povertà.
L'impennata nel settore immobiliare è spia di quello che accadrà, se il calendario viene rispettato, a partire dal 10 gennaio 2007, data fissata per l'ingresso della Romania nell'Unione Europea. «Cambieranno molte cose» prevede Marco Petriccione, manager della Banca Italo romena (Gruppo Veneto Banca). «I vantaggi per le imprese italiane presenti nel paese e anche per quelle che verranno saranno notevoli».
Non è certo un caso che società come Finmeccanica, Enel, Ansaldo, Tenaris, Natuzzi, Astaldi, Agip, per citare le più importanti, si siano installate negli ultimi tempi in Romania. «Questo è un paese disastrato dal punto di vista delle infrastrutture»~ ricorda Petriccione. «Mancano strade, autostrade, ferrovie, porti; il sistema sanitario è inesistente)».
Così, i tempi in cui i piccoli e medi imprenditori italiani arrivavano a migliaia in Romania, investivano il minimo e guadagnavano il massimo, sono tramontati o stanno tramontando. Dall'inizio degli anni Novanta sono state circa 17 mila le aziende italiane, soprattutto venete, che hanno scelto la delocalizzazione delle loro attività in questo paese. Oggi ne sono rimaste poco più di 10 mila, di cui solo metà, installate soprattutto nel Banato, operative.
Antonio Passatelli, originario di Castrovillari (Cosenza). studi di psicologia, era stato tra i primi ad arrivare, due anni dopo la caduta e l'esecuzione (Natale 1989) del dittatore Nicolae Ceausescu e di sua moglie Elena. «Allora» dice «lo stipendio mensile di un operaio era di 50 mila lire e la situazione a tutti i livelli era disastrosa. La gente non sapeva lavorare e la produttività era scarsissima. Abbiamo insegnato molte cose ai romeni. Hanno imparato bene. La crisi dei piccoli e medi? C'è, è un dato di fatto. Ma è anche vero che in questi anni c'è stata una selezione naturale. Resiste chi ha operato correttamente, chi ha fatto investimenti giusti, chi ha formato bene le maestranze».
Oggi lo stipendio di base di un operaio è di 97 euro al mese. Ma molti imprenditori, di fronte alla sostanziale mancanza di manodopera specializzata, assumono chi ha conoscenze e buona manualità a 150 euro. Un impiegato di banca, un anno dopo l'assunzione, guadagna mensilmente circa 250 euro, una volta e mezzo lo stipendio di un professore universitario.
«La concorrenza cinese» aggiungono alla Banca Italo romena «non desta grandi preoccupazioni. Almeno per il momento»). La crisi, semmai, è dovuta ad altri fattori, come la rivalutazione del leu (la moneta locale) rispetto all'euro. Una rivalutazione che lo scorso anno è stata del 4 per cento e l'anno prima del 3. Aldo Roccon, titolare dell'Euroccoper, impresa di logistica, ha organizzato per la Confindustria veneta un'indagine conoscitiva sulla situazione delle aziende del Nord-Est presenti in Romania. «Su 2.076 imprese» racconta Roccon «~un terzo è in utile, un altro terzo è in pareggio e il resto è in perdita. E queste percentuali si possono estendere alla totalità delle imprese italiane»).
Uno sguardo realistico e tutto sommato ottimistico sulla situazione delle imprese italiane in Romania lo getta il console a Timisoara, Francesco Catania. «È necessario tenere presente che la Romania è entrata, come era prevedibile di fronte alla prospettiva europea, in una fase di dinamismo economico che comporta costi crescenti e maggiore spirito innovativo. Gli imprenditori italiani si dividono in due categorie: da un lato chi ha capito la nuova situazione e agisce di conseguenza, con processi innovativi e investimenti; dall' altro chi teme la crisi e decide di andarsene, spostando le sue attività magari in Moldavia o in Ucraina».
In ogni caso, gli investimenti italiani non diminuiscono. Semmai arrivano imprese di servizi, assicurazioni e società immobiliari. Lo sguardo di tutti, naturalmente, è fisso sulla linea di partenza europea.

economia europea rallenta


Nel secondo trimestre 2007 il Pil nell'eurozona è aumentato dello 0,3%: una crescita dimezzata rispetto alle aspettative e che conferma il rallentamento generale dell'economia europea. Nella Ue a 27 Stati, il prodotto interno lordo è, invece, salito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Lo comunicano le prime stime Eurostat. Nel primo trimestre del 2007 la crescita era stata dello 0,7% in entrambe le aree.

Rispetto al secondo trimestre 2006, il Pil è aumentato del 2,5% a Eurolandia e del 3,3% nella Ue dopo aver registrato rispettivamente il +3,2% e +3,3% nel primo trimestre. Italia fanalino di coda: nel secondo trimestre del 2007 ha messo a segno appena uno 0,1%, dopo un aumento dello 0,3% da gennaio a marzo. La crescita in Francia e Germania si è attestata allo 0,3%, in Spagna allo 0,9 per cento. Solo la Grecia ha fatto registrare una performance peggiore.

Per la Commissione europea non cambiano le proiezioni di crescita del Pil nella seconda metà dell'anno e nel primo trimestre 2008 nonostante le tensioni nei mercati finanziari e la prospettiva di un indebolimento della crescita americana. Per il terzo trimestre viene infatti confermata la proiezione di crescita tra 0,3% e 0,8% fatta in agosto; per il quarto trimestre le stime vanno da 0,2% a 0,8%; per il primo trimestre 2008 da 0,2% a 0,9%.

Carmen Scortanu
















europa debole

Andare a fare una vacanza nei paesi in cui si paga in dollari, comprare prodotti cinesi a meno prezzo, pagare la benzina meno.
Io mi chiedo: ma i giornalisti che dicono queste scemenze lo sono o lo fanno? o non si rendono conto di quali idiozie stanno dicendo e confermano quello che penso e sento dire dalla gente, ovvero che sono solo schiavi di chi ha interesse a fargli dire simili balle.
Pagare la benzina meno: roba da morir dal ridere.
Certamente i petrolieri la pagano meno e certamente fanno un mucchio di soldi, visto che noi la paghiamo sempre lo stesso prezzo!
Comprare prodotti cinesi a minor prezzo: certo che se si potessero mangiare i computer o i lettori di DVD sarebbe conveniente. Peccato che la spesa ogni giorno si faccia in Euro e peccato che i beni alimentari e agricoli siano iperprotetti e di concorrenza da area dollaro non se ne parla nemmeno
Andare in vacanza dove si paga in dollari: la soddisfazione del pirla. A parte il fatto che sarebbe bene andare in vacanza in Italia, se fosse economicamente accessibile (ormai siamo più cari - sul serio - della Svizzera), ma che soddisfazione c'e' ad andare in vacanza dove si paga in dollari? E' soddisfazione andare in vacanza perchè si sta bene e si guadagna, non di certo quando tornando si potrebbe aver perso il posto di lavoro.
La realtà è che con l'euro così forte non si vende nulla all'estero e l'unico rimedio per le aziende è chiudere o andare a produrre dove il lavoro si paga in dollari. Oggi paradossalmente conviene aprir fabbriche in America, per non dire ovviamente tutti gli altri paesi dell'estremo oriente legati al dollaro.

La realtà è che gli americani sono furbi e usano la valuta politicamente per i loro interessi di medio e lungo periodo. Noi in Europa non abbiamo un potere politico che possa fare altrettanto e ci siamo affidati ai banchieri, che ovviamente gestiscono la valuta cercando di mantenerla ai valori più alti possibili. In questo modo garantiscono il potere di acquisto di chi i soldi li ha, contribuiscono ad aumentare il differenziale fra chi ha e chi non ha, e fanno sì che gli imprenditori e i loro dipendenti vadano in malora.
Quindi, andiamo in vacanza in area dollaro e, mentre siamo la', cerchiamo di vedere se possiamo aprirci un'attivita' e restarci, perche' qui, di questo passo, ci sara' ben poco da ridere.

EURO

EURO