martedì 11 settembre 2007

Rumeni onesti contro rumeni delinquenti

DIRITTO INTERNAZIONALE


Il Diritto internazionale è suddiviso in Diritto internazionale pubblico e Diritto internazionale privato.
Il primo, chiamato anche "diritto delle genti" (ius gentium), è quella branca del o che regola la vita della comunità internazionale.
Il secondo, nonostante l'appellativo di internazionale, è l'insieme delle norme di diritto interno che risolvono i conflitti fra le disposizioni dei diversi ordinamenti giuridici applicabili ad un medesimo rapporto, quando esistono collegamenti a più di una legislazione nazionale. Per completezza si ricorderà come le norme concordate fra gli Stati per l'uniforme regolazione del Diritto internazionale privato facciano invece parte del Diritto internazionale pubblico, trattandosi di norme che coinvolgono l'attività di organi statuali.
La comunità internzionale
Tradizionalmente la comunità internazionale è considerata come costituita da stati sovrani e indipendenti che si pongono in una posizione di eguaglianza formale reciproca: il diritto internazionale regola i loro rapporti.
La principale differenza tra la struttura del diritto internazionale e quella del diritto interno è l'assenza di un'autorità centrale che emani la legge e ne assicuri il rispetto (c.d. "anarchia" della comunità internazionale).
A partire dalla fine del XIX secolo e soprattutto dalla fine della prima guerra mondiale agli Stati si sono affiancate le organizzazioni internzionali mentre con l'inizio della decolonizzazione hanno progressivamente assunto personalità giuridica internazionale i movimenti internazionali, purché esercitino il controllo effettivo su una popolazione ed un territorio.
Alcuni internazionalisti ritengono che i recenti sviluppi della materia stiano facendo lentamente emergere una soggettività giuridica internazionale degli individui, posizione contrastata dalla maggior parte della dottrina, che ritiene che la scena internazionale è ancora dominata dagli Stati e dalle Organizzazioni sovranazionali, malgrado il ruolo sempre più importante svolto dai singoli e dalle ONG. Il riconoscimento della personalità internazionale degli individui si appoggia sul crescente numero di diritti e obblighi internazionali che spettano ai singoli in quanto tali e non in quanto cittadini di uno stato, come i diritti umani e la responsabilità internazionale individuale o crimini internazionali
In altri termini, se è vero che "ibi societas, ibi ius", se cioè è vero che il diritto scaturisce dalla necessità della regolazione dei rapporti sociali, ove ci si soffermi sul gruppo sociale costituito dalla comunità internazionale, emerge chiaramente, che, ove esistano dei soggetti che operino in un contesto ultranazionale, costoro avranno bisogno di regole per gestire i loro reciproci rapporti: tali regole costituiscono appunto il diritto internazionale pubblico.

Diritto degli Stati

Gli Stati non sono solo i destinatari, ma anche i creatori delle regole internazionali e sono essi stessi a dare attuazione a operazioni coercitive unilaterali o multilaterali (istituto dell'autotutela). La Corte Internazionale di Giustitia, istituita contestualmente con le nazioni unite per dirimere pacificamente le controversie fra Stati, può esercitare la sua giurisdizione solo se i governi accettano preventivamente la sua autorità. Il principio di effettività regola molti campi del diritto internazionale. I rapporti di forza tra gli Stati ne influenzano inevitabilmente lo sviluppo.
La nascita della moderna comunità internazionale viene fatta convenzionalmente risalire alla firma del o di Westfalia nel 1648 Il trattato riconosce l'esistenza di Stati che si fondano su confessioni religiose protestatnti e assicura l'indipendenza de facto ai membri del sacro Imperio Romano: sancisce così il declino delle due autorità che avevano dominato le relazioni internazionali in Europa, il Papa e l'Imperatore, con la loro pretesa di universalità.
Per un certo numero di secoli i membri più attivi della comunità internazionale sono stati gli Stati europei, ai quali si sono affiancati, una volta raggiunta l'indipendenza, gli Stati Uniti e i paesi dell'America latina. I rapporti con i paesi che rappresentavano civiltà differenti come Cina, Impero Ottomano e Giappone furono segnati invece in questo periodo dalla pretesa europea di superiorità (ad esempio i trattati stipulati dall'Impero cinese con le potenze europee a partire da metà '800 erano detti trattati ineguali per i vantaggi che portavano a queste ultime). Le entità territoriali più deboli vennero invece spesso assoggettate a regime coloniale.
Con la nascita di stati socialisti in Europa orientale prima e la decolonizzazione poi, un numero sempre maggiore di Stati è entrato a far parte della comunità internazionale ed è venuta meno la relativa omogeneità ideologica culturale, religiosa che per molto tempo aveva costituito il cemento della comunità internazionale. Anche il potere politico, militare ed economico è distribuito in maniera estremamente disomogenea, facendo sì che l'eguaglianza tra Stati indipendenti resti per lo più un presupposto teorico. Negli anni '60 e '70 i paesi del terzo mondo soprattutto quelli riuniti nell'organizzazione dei non allineati tentarono di introdurre nuovi principi nel diritto internazionale che mutassero i rapporti di forza tra Nord e Sud del mondo, ma riuscirono a far approvare solo Dichiarazioni di principi dall'assemblea generale dell’ONU
Con la dissoluzione del blocco socialista i cosiddetti stati occidentali sono diventati di nuovo la forza egemone a livello mondiale. I paesi del Terzo Mondo cercano soprattutto il compromesso e hanno rinunciato a porre rivendicazioni collettive. Il ruolo di predominio degli Stati Uniti ha fatto parlare alcuni di "Impero mondiale americano".

Le organizzazioni internazionali
Più recentemente le organizzazioni internazionali sono entrate a far parte della comunità internazionale. Le prime organizzazioni erano create per scopi specifici e limitati (Unione Postale Universale creata nel 1875, Unione per la protezione della proprietà industriale nel 1883 etc.). Il primo tentativo per dare un ordinamento unitario alla comunità internazionale fu la creazione, nel 1919 della SDN (società delle nazioni) fortemente voluta dal presidente americano Woodrow Wilson, che aveva cercato anche di far entrare nel diritto internazionale una serie di importanti principi, solo in parte accettati dalle nazioni europee: innanzitutto il pacifismo e l'autodeterminazione dei popoli (i "quattordici punti"). La Società aveva poteri molto deboli: come se non bastasse gli stessi Stati Uniti non entrarono a farne parte per l'opposizione del Congresso. Nel 1945, l'ONU prese il posto della SDN. L'ispiratore del progetto era di nuovo un presidente americano, Franklin Delano Roosevelt, che morì prima della nascita dell'ONU ma che vide le sue idee portate avanti dai suoi ex collaboratori. L'ONU aveva ed ha grossi limiti, in buona parte legati al sistema dei veti: per molti anni il sistema di sicurezza collettiva disegnato dalla sua Carta restò paralizzato a causa della guerra fredda, ma in ogni caso la sua nascita ha segnato un passo in avanti importante. Lo Statuto delle Nazioni Unite prevedeva inoltre il divieto dell'uso della forza a livello internazionale, a differenza di quello della SDN.

Gli ultimi sviluppi della comunità internazionale
Gli sviluppi recenti del diritto internazionale, in particolare in materia di protezione dei diritti umani, hanno fatto ritenere ad alcuni studiosi che si stia lentamente affermando una soggettività umani internazionale degli individui, in rottura con i dettami del diritto internazionale classico.
Mentre tradizionalmente la responsabilità internazionale è collettiva (diretta contro lo Stato nel suo complesso) la fine della seconda guerra mondiale ha visto con il processo di Norimberga per la prima volta individui che avevano ricoperto alti incarichi governativi venire chiamati a rispondere personalmente dei crimini commessi in nome del loro Stato contro altri popoli davanti a un tribunale internazionale. Con tutti i suoi limiti, Norimberga creò un precedente importante in materia di tutela dei diritti umani a livello mondiale, con la creazione della nozione di crimine contro l‘umanità: si afferma l'idea che esistono valori che gli Stati non possono violare coprendosi sotto il mantello della sovranità e dell'indipendenza.
Lo Statuto della corte penale internazionale, recentemente entrato in vigore (ma non ratificato da numerosi Stati, tra cui gli Stati Uniti) fa rientrare nella nozione di crimine internazionale il genocidio i crimini contro l'umanità (nella definizione rientrano praticamente qualsiasi grave delitto commesso su larga scala e in modo sistematico e la pratica dell'apartheid i crimini di guerra previsti dal Diritto internazionel umanitario o e la guerra di aggressione.
Alcuni trattati internazionali, come quello della Corte europea dei diritti dell’uomo prevedono poi la possibilità degli individui di rivolgersi autonomamente a organismi internazionali per far rispettare i propri diritti, senza la mediazione degli Stati.
La maggior parte degli internazionalisti peraltro osservano che gli strumenti internazionali che danno agli individui la capacità giuridica attiva e passiva davanti a Corti giudiziarie internazionali, sia in materia penale sia in materia civile ed amministrativa, siano soltanto degli strumenti di delega; in altre parole gli Stati contraenti accettano che, per determinate materie, la giustizia possa - e non necessariamente debba - essere amministrata da un Organo giudiziario sovrannazionale. Confermano tale ipotesi la formula "aut dedere aut judicare", che lascia alla facoltà dello Stato la scelta del procedimento internazionale in sostituzione di quello nazionale, e le recenti disposizioni che hanno restituito alle Corti d'Appello nazionali la competenza a giudicare sulle violazioni del concetto di "giusto processo", in precedenza assunte dalla Corte di Strasburgo.
Inoltre, in materia di autodeterminazione dei popoli, i movimenti di liberazione nazionale hanno visto il riconoscimento del loro status di soggetti di diritto in presenza di un controllo effettivo sul territorio e sulla popolazione non accompagnato da un controllo formale (vedansi i Sogetti del diritto internazionale). Alcuni studiosi sottolineano anche il ruolo delle grandi imprese internazionali o joint ventures, così potenti da compromettere a volte l'indipendenza sostanziale degli Stati deboli e influenzare le decisioni degli organismi internazionali: va peraltro confermato che ciò non basta per farne dei soggetti di diritto internazionale.

Diritto consuetudinario e diritto convenzionale
Proprio a causa dell'anarchia della comunità internazionale, il diritto internazionale universalmente valido è per lo più diritto consuetudinario, anche se la politica delle organizzazioni internazionali come l'ONU può influenzarne lo sviluppo (ad esempio sull'uso della forza nelle relazioni internazionali). Per entrare a far parte del diritto consuetudinario una regola deve essere accettata almeno da una larga maggioranza degli Stati che comprenda gli Stati più influenti a livello internazionale.
Il diritto convenzionale si basa invece sulle convenzioni e sui trattati liberamente stipulati dagli Stati, che si impegnano a rispettarne le disposizioni. Di norma il diritto pattizio prevale sul diritto consuetudinario (il diritto particolare prevale su quello generale), ma con una importantissima eccezione per quanto riguarda lo Ius cogens. Una norma di ius cogens è una norma consuetudinaria che protegge valori considerati fondamentali e a cui non si può in nessun modo derogare: se due Stati stipulano un trattato in cui si propongono di attuare violazioni dell'integrità di uno Stato terzo o di eseguire azioni considerate crimini internazionali il trattato stesso è considerato nullo.
Forme, contenuti e procedure per la formazione del diritto convenzionale sono state codificate nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati; nel Preambolo di questa Convenzione si precisa che le regole del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non disciplinate dalle disposizioni della Convenzione stessa, anche perché la Convenzione rappresenta solo un punto di riferimento e non coincide necessariamente alle consuetudini internazionali in materia.
Fonti
Consuetudine: comportamento costantemente e uniformemente ripetuto nel tempo, nella convinzione della sua obbligatorietà.Per aversi una consuetudine è necessaria la presenza di due requisiti fondamentali: - "diuturnitas"(prassi) ovvero il protrasi nel tempo di un determinato comportamento,- "opinio iuris sive necessitatis" ovvero la convinzione da parte degli Stati della giuridica obbligatorietà di un determinato comportamento.
Accordo
Fonti previste da accordo: atti di un'organizzazione internazionale, ad esempio le direttive e i regolamenti della UE o le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU
Soggetti
Gli Stati che soddisfino i requisiti della effettività e della indipendenza (intendendosi lo stato nella sua accezione di Stato-Organizzazione, ossia l'insieme dei governanti e degli apparati di governo);
Le Organizzazioni internazionali tra le quali in particolare l'ONU, i suoi Organi ausiliari e le Organizzazioni collegate.
La Santa sede (da non confondersi con lo Stati della città del Vaticano) e, solo secondo una minoranza di studiosi.
I movimenti che esercitano sostanzialmente il controllo di un territorio e di una popolazione, pur non avendone il controllo formale, come ad es. gli Insorti. Mentre per quanto attiene ai movimenti di liberazione a questi non è conferita una vera e propria personalità giuridica quanto il diritto di prendere parte alle riunioni internazionali che trattano di autodeterminazione dei popoli.
la soggettività di alcuni enti è invece in discussione sono generalmente non considerati come soggetti del diritto internazionale:
Il Sovrano ORDINE DI MALTA pur avendo intrattenuto con lo stato italiano uno scambio di lettere di carattere internazionale e anche se alcuni funzionari dell'ordine gondono di immunità diplomatica l'Oridine di Malta non è considerato soggetto di diritto internazionale, anche se a questo ordine è riconosciuta una personalità giuridica internazionale utile allo svolgimento delle sue funzioni assistenziali. per approfondimenti:

Pur avendo riconosciuto il diritto di autodeterminazione i popoli in se non sono considerabili soggetti di diritto internazionale, mancano infatti le caratteristiche proprie di una stabile organizzazione e della presenza di istituzioni governative.
Le OING (organizzazioni internazionali non governative) non sono considerabili soggetti di diritto internazionale anche se molti trattati attribuiscono loro ruoli internazionale. Parte della dottrina riconosce una limitata soggettività internazionale anche agli individui facendo riferimento al crescente corpo di norme relative al diritto umanitario.
Gli Stati
Gli stati sono i soggetti principali del diritto internazionale essi devono presentare tre caratteristiche sostanziali:
avere un popolo: gli stati devono esercitare il loro controllo su di una popolazione stanziata in un dato territorio
avere un territorio: gli stati devono esercitare il loro controllo su di uno specifico territorio, non è tuttavia importante che i confini di questo territorio siano esattamente delineati ma è essenziale poter riconosce un nucleo territoriale nel quale gli stati abbiano un reale controllo.
avere sovranità reale sul territorio e sul popolo, questa categoria è composta da due tipologie di sovranità.
sovranità interna: è la capacità di uno stato di esercitare il proprio imperio all'interno del proprio territorio.
sovranità esterna: è la capacità di esercitare il governo di una regione e di un popolo indipendentemente da ingerenze di altri stati, controaltare di questa caratteristica è il dovere di ogni stato di non ingerenza nelle competenze governative di un altro stato.
Più in particolare possiamo indicare delle categorie di stato non propriamente dette che godono o no di soggettività internazionale. a tale proposito possiamo ricordare:
I microstati: seppur il territorio sia poco esteso e la popolazione poco numerosa sono soggetti di diritto internazionale
Stati confederati: sono considerabili soggetti di diritto internazionale ma relativamente alle competenze non demandate alle istituzioni confederative. Ad esempio gli stati della c.d. CSI (Comunità Stati Indipendenti).
Stati fantoccio: non godendo di sovranità esterna non sono considerabili come soggetti di diritto internazionale
Stati federati: non sono considerabili come soggetti di diritto internazionale in quanto delegano ampi poteri all'istituzione federativa (tipicamente competenze internazionali e di difesa) venendo così a mancare la caratteristica della sovranità esterna ad esempio gli stati degli STATI UNITI D‘AMERICA.
Governi in esilio: i governi in esilio, parlando di questa categoria si fa soprattutto riferimento ai governi riparatisi in Inghiltterra durante la seconda guerra mondiale non sono da considerarsi soggetti di dirtitto internazionale perché non godono né di un territorio né della reale possibilità di esercitare sovranità sulla popolazione che vi è stanziata. Ciò nonostante, con l'auspicio che in futuro questi governi rientrino in possesso di popolo e territorio, gli atti internazionali compiuti da questi governi possono ritenersi validi. Tale validità è stata fondata però esclusivamente su considerazioni di tipo politico e non giuridico.
L'acquisto della soggettività internazionale da parte degli stati come anche dei movimenti di liberazione e dei movimenti di insurrezione è legata alla reale manifestazione delle tre caratteristiche di cui sopra (popolazione, territorio, sovranità) in capo ad una organizzazione.
Essendo l'ordinamento internazionale atipico, non contemplando cioè un'istutuzione normativa e giudiziale ma lasciando tutto alla libera iniziativa degli stati e agli accordi che questi pongono in essere tra loro non può in nessun modo essere delineata una procedura di acquisto della soggettività internazionale.
Più in particolare la questione assume un carattere soprattutto politico in quanto di per se il riconoscimento di uno stato da parte di un altro stato o da parte di istituzioni internazionali non ha che una funzione dichiarativa e non costitutiva cioè non è essenziale che vi sia riconoscimento da parte gli altri soggetti perché un'istituzione diventi soggetto di diritto internazionale.
Esempio adducibile è lo stato di Israele che esercita controllo e governo su di un territorio ed in capo ad una popolazione, pur non essendo riconosciuto dalla quasi totalità dei paesi arabi.
Ancora, il riconoscimento può essere espresso (dichiarato da altri stati) o tacito (deducibile dall'inizio di attività di diritto internazionale aventi come controparte il nuovo soggetto, come ad esempio la stipula di un trattato)
Pur essendo per uno stato, in linea di principio, lecito amministrare il proprio territorio a piacimento organizzando liberamente le istituzioni governative e le leggi che regolino la comunità civile, la sovranità dello stesso sul suo territorio conosce diverse limitazioni. Tali limitazioni si riferiscono in primo luogo al divieto di violare il c.d. Jus Cogens quell'insieme cioè di consuetudini imperative per ogni stato in particolare riferimento al rispetto dei diritti umani.
Altra categoria di limitazioni riguarda l'immunità garantita ai funzionari di altri stato. Il principio sottostante che garantisce una protezione estensiva agli agenti diplomatici di stati esteri è da ricercarsi nella consuetudine che istituzioni di pari grado non possano citarsi in giudizio e giudicarsi l'una con l'altra. Questo si riflette nel diritto internazionale nella pratica dell' immunità per i funzionari di uno stato estero che in linea di massima presenta queste caratteristiche:
un funzionario di uno stato estero ha diritto ad immunità per quegli atti compiuti per il c.d. Jus Imperii cioè nell'ambito delle proprie mansioni in quanto organo di stato estero.
l'immunità comprende:
immunità fiscale
immunità penale (escusa per i consoli in caso di reati gravi)
immunità civile (escusa per beni immobili o attività economiche non possedute per conto dello stato per cui il funzionario opera, viene altresì escusa per le controversie riguardanti le successioni ed eredità)
Sono previste nell' immunità diplomatica anche:
inviolabilità personale
inviolabilità domiciliare
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE
L' organizzazione internazionale, come concetto generico, indica il sistema della cooperazione fra gli Stati.
In senso specifico, con organizzazione internazionale (talvolta seguita dall'aggettivo "governativa" o "pubblica") si intende tradizionalmente un'associazione di Stati costituita attraverso un accordo internazionale (che diviene lo statuto dell'organizzazione) il quale ne determina gli organi principali e definisce le competenze, attribuendo implicitamente il carattere della permanenza e della personalità internazionale.
Esempi di organizzazioni internazionali contemporanee sono l'ONU, l'UIT, l'OMC, l'UE in realtà l'UE è una organizzazione sovranazionale e non internazionale), etc. In realtà, esistono notevoli differenze tra le varie organizzazioni internazionali. Più avanti nella voce sarà abbozzata una serie di distinzioni utili a cogliere le più notevoli fra queste differenze.
Oltre alle organizzazioni internazionali pubbliche o governative, così dette perché costituite da Stati sovrani, esistono le NIZZAZINO INTERNAZIONALE NON GOVERNATIVE (OING), che sono associazioni create da privati.
Nel resto di questo articolo ci si occupa solo delle organizzazioni internazionali pubbliche o governative i cui membri siano gli Stati della comunità internazionale.

Origine
La ragione generale che spinge gli Stati a cooperare è la necessità di tutelare alcuni interessi particolari che per loro natura o estensione non trovano efficace tutela a livello del singolo Stato. Tali interessi possono essere intesi come beni pubblici internazionali, come la pace e sicurezza internazionali, la tutela ambientale, il commercio internazionale, etc.
È a partire dal Congresso di Vienna (1815) che si verifica un primo tentativo di organizzazione internazionale. A tutela delle deliberazioni di Vienna si costituì un sistema diplomatico imperniato sul cosiddetto Concerto europeo, vale a dire una sorta di direttorio delle grandi potenze che sebbene non caratterizzato da una organizzazione permanente può considerarsi l'antesignano delle future e più compiute organizzazioni internazionali a carattere universale, vale la SdN e l'ONU.
Le organizzazioni internazionali del Concerto europeo, della SdN e dell'ONU furono istituite in seguito a conflitti che stravolsero il vecchio sistema diplomatico, a tutela di nuovo, che esse rappresentano. Il bene pubblico internazionale che esse tutelano è quello di un ordine incarnante i valori dei vincitori dei conflitti che le hanno precedute.

Personalità giuridica
Esse sono governate dal principio di specialità, ovvero non sono dotate, a differenza degli stati, di competenza generale, ma si vedono attribuire dagli stati che le creano poteri i cui limiti sono fissati in funzione del perseguimento degli interessi comuni che esse hanno il compito di promuovere.
Da tempo si è ormai affermato che possiedono una personalità giuridica propria distinta da quella degli stati che partecipano ad esse. A tale principio si ispira la giurisprudenza Italiana del '900, ma i requisiti per la titolarità di una vera e propria personalità sono indicati nella necessaria autonomia, anche organizzativa, distinta da quella degli stati membri, e nella presenza di una missione ben definita, con attribuzione di relative competenze al cui esercizio corrisponde la titolarità di uno specifico staus nella comunità internazionale Tali caratteri sono emersi in un caso famoso sottoposto alla Corte internazionale di giustizia nel 1949, nello stabilire se (ONU) godesse del diritto al risarcimento del danno provocato dalla violazione di obblighi relativi al trattamento ed alla protezione internazionalmente dovuta ad un proprio agente. Nel caso si osservò che "la conclusione di accordi, di cui l'Organizzazione è parte, ha confermato il carattere di adeguata autonomia dell'Organizzazione che occupa una posizione per alcuni versi distinta dai suoi Membri, ed ai quali ha il dovere, ove del caso, di ricordare il rispetto di certi obblighi", ma anche che: "L'Organizzazione è stata destinata a godere di diritti che possono spiegarsi solo se ad essa è attribuita, in larga misura, la personalità internazionale e la capacità di agire asul piano internazionale. Si deve riconoscere che i suoi Membri, assegnandole certe funzioni, l'hanno dotata delle competenze necessarie per permetterle di svolgere effettivamente queste funzioni".

lunedì 10 settembre 2007

Carmen: NORMATIVA DOGANALE E REGIME DELLE IMPORTAZIONI DALLA CINA

Carmen: NORMATIVA DOGANALE E REGIME DELLE IMPORTAZIONI DALLA CINA

NORMATIVA DOGANALE E REGIME DELLE IMPORTAZIONI DALLA CINA


Regolamentazione delle importazioni

Qual è la disciplina delle importazioni in Cina? Esistono delle restrizioni alle importazioni?

L'autorità responsabile in materia doganale in Cina è la Customs General Administration, direttamente dipendente dal Consiglio di Stato, mentre la normativa vigente al riguardo è la Customs Law del 1987. In base a tale normativa al momento dell'arrivo nel territorio cinese la persona incaricata del trasporto delle merci ha l'obbligo di recarsi presso l'autorità doganale competente e presentare la licenza di importazione, oltreché tutta la documentazione prevista.
In teoria tutti i prodotti importati ed esportati in Cina sono soggetti ad ispezione da parte del China Commodity Inspection Bureau (CCIB). I prodotti venduti in Cina devono anche essere contrassegnati con il nome del prodotto e del produttore e relativo indirizzo, gli ingredienti e relative quantità, la data di produzione e di scadenza, le avvertenze, le istruzioni per il trasporto ed il magazzinaggio. Le operazioni di sdoganamento devono essere effettuate entro 14 giorni dall'entrata delle merci nel territorio cinese ed almeno 24 ore prima della loro uscita nel caso di esportazione. L'omessa presentazione della


dichiarazione doganale entro tre mesi dall'ingresso delle merci in Cina comporta la possibilita' per l'ufficio doganale di confiscare le stesse. Le licenze di importazione sono gestite dal Dipartimento di Commercio Estero del Ministero per il Commercio Estero e la Cooperazione Economica (MOFTEC) e gravano su tutti i prodotti provenienti dall'Unione Europea. Le liste dei prodotti soggetti a licenza sono frequentemente aggiornate sulla base delle priorità di politica commerciale.
In particolare è vietata l'importazione di prodotti meccanici ed elettronici usati, qualunque sia la valuta, le modalità ed i canali di importazione, ad eccezione dei prodotti che hanno ottenuto un'approvazione esplicita all'importazione da parte dell'Ufficio Nazionale dell'Importazione.
E' inoltre vietata l'importazione dall'Italia sia di carni suine e bovine e dei prodotti derivati, che del pellame grezzo di tali animali. L'importazione e l'esportazione di oro ed argento, gioielli e prodotti in tali metalli è soggetta ad approvazione della People's Bank of China, ma viene concessa solo in rarissimi casi.
torna all'indice

Quali sono i dazi applicati in Cina?

Dal 1992 la Cina adotta il sistema internazionale di classificazione e descrizione delle merci. Le tariffe vengono calcolate in base al valore CIF per le merci importate e FOB per quelle esportate. Alcune categorie di beni, come il materiale pubblicitario ed i campioni privi di valore commerciale, sono esenti da dazi; mentre beni, quali la merce danneggiata durante il trasporto o lo scarico o danneggiata da forza maggiore prima dello sdoganamento, possono essere esentati dai dazi a discrezionalità delle autorità competenti.
Le aliquote più basse dei dazi doganali di importazione, comprese tra il 2% ed il 150%, vengono applicate sui prodotti provenienti dai paesi con cui la Cina ha stipulato accordi preferenziali, quali l'Italia. Le aliquote medie invece, che a partire dal 1 gennaio 2002 sono state ridotte dal 15,3 al 12%, sono applicate alle merci provenienti da tutti gli altri paesi. Sempre a partire da tale data l'aliquota media dei dazi doganali sulle importazioni dei prodotti industriali è dell'11,6%, mentre quella sui prodotti dell'agricoltura, ad esclusione dei prodotti acquatici, è del 15,8%.
Il recente ingresso della Cina nella WTO ha determinato questo progressivo abbassamento delle


tariffe. Inoltre l'accordo firmato nel 2000 con l'Unione Europea ha dato avvio all'armonizzazione tra i dazi UE e quelli cinesi ed ha introdotto importanti novità nel settore tessile. In particolare è stato posto fine al monopolio statale relativo alle esportazioni della seta, sono state eliminate le contingenze e le licenze di importazione per i filati di lana e cotone e per i prodotti con filamenti sintetici e/o artificiali.
Per i prodotti agricoli l'accordo prevede la liberalizzazione dell'accesso sul mercato cinese di molti prodotti e riduzioni per prodotti come pasta, vino ed olive.
Oltre alle tariffe all'importazione, dal 1994 è in vigore l'Iva con aliquote pari al 13% o al 17%, sull'importazione dei seguenti beni: cibo e oli vegetali commestibili, acqua potabile, gas naturale, riscaldamento, carbone, petrolio, libri, quotidiani e riviste, mangimi, fertilizzanti chimici, pesticidi, macchine agricole.
Inoltre undici categorie di prodotti sono anche soggetti alla tassa sui consumi al momento dell'entrata in Cina con aliquote tra il 3% ed il 45%; si tratta di: sigarette, liquori, cosmetici, prodotti per capelli e per la pelle, gioielli, fuochi d'artificio, petrolio, gasolio, pneumatici, motocicli e piccoli veicoli a motore.
torna all'indice


Documentazione richiesta


I documenti idonei a provare la definitiva importazione della merce in Cina sono la dichiarazione doganale di importazione della Repubblica Popolare Cinese ed il modello unificato dello sdoganamento, che possono essere presentati alternativamente. In essi deve essere contenuta l'indicazione del pagamento dei dazi doganali, tutti gli elementi che possano far ricondurre il documento all'esportazione effettuata e devono essere timbrati e firmati dalla locale autorità doganale. I documenti possono essere prodotti in originale o in copia conforme.
Gli altri documenti che devono accompagnare la merce sono:
- fattura commerciale, redatta in inglese ed in tre copie, contenente tutti gli elementi previsti dalla legge;
- certificato di origine rilasciato dalla



Camera di Commercio;
- certificato sanitario per i prodotti alimentari, contenitori, utensili, animali vivi, loro carni e derivati e pelli grezze;
- certificato fitosanitario per piante e derivati, semi, cereali, soia, frutta e legname;
- certificato di analisi per prodotti farmaceutici, alimentari, bevande, cosmetici, tabacco, cotone, fibre chimiche, pelli;
- certificato di qualità, quantità, congruità prezzo, rilasciato dal Bureau of Commodity Inspection.
- documenti di trasporto via mare (polizza di carico, packing list, polizza assicurativa);
- documenti di trasporto via aerea (lettera di vettura aerea, packing list, polizza assicurativa).
torna all'indice


Zone franche


Le zone franche in Cina sono: Fujian, Shataojiao, Shantou, Xiamen, Dalian, Tianjin, Qingdao, Ningbo, Jiangsu, Shanghai, Fuzhou e Guangzhou.
Al fine di attirare gli investimenti stranieri, le autorità locali hanno altresì costituito delle Aree Economiche Speciali, caratterizzate da particolari esenzioni doganali ed agevolazioni fiscali, quali la riduzione dell'imposta sul reddito dal 33% al 15%.
Le aree economiche speciali si articolano in:
a) "Special economic zones", che godono di regolamenti speciali per



favorire gli scambi con l'estero e prevedono agevolazioni agli investitori stranieri quali esenzione di dazi doganali o incentivi fiscali e facilitazioni nell'utilizzo di valuta straniera;
b) "Coastal open cities", che godono delle stesse agevolazioni previste per le Special economic zones;
c) "Coastal economic development zones",
d) "Inland economic development zones", che godono di speciali agevolazioni per incentivare lo sviluppo industriale.


Investimenti stranieri


Tra i paesi in via di sviluppo la Cina si trova al primo posto per quanto riguarda il flusso degli investimenti esteri, che negli ultimi anni è in costante aumento.
La materia degli investimenti stranieri è attualmente regolata dal "Foreign Investment Industrial Guidance Catalogue" e dalle "Directory of Foreign Investment Tentative Provisions" del 1995, i quali suddividono gli investimenti stranieri in incoraggiati, permessi, limitati o vietati.
Le forme previste per gli investimeni stranieri sono:
1. la società mista, per la cui costituzione è necessaria l'approvazione del MOFTEC e la registrazione presso l'ufficio SAIC. Per questo tipo di società la legge prevede



l'obbligo per il partner straniero di sottoscrivere una quota minima del 25% del capitale dell'impresa.
2. La società cooperativa o contrattuale, assimilabile alla precedente, sebbene più semplice e caratterizzata da maggiore flessibilità operativa e giuridica.
3. La società a capitale interamente straniero, prevista a condizione che la società risulti prevalentemente a vocazione all'export o impieghi tecnologie avanzate.
Le agevolazioni previste per gli investitori stranieri sono di varia natura, sebbene prevalentemente di carattere fiscale, mentre particolari agevolazioni esistono per le imprese che si insediano nelle
L'Unione europea costretta a importare più prodotti tessili dalla Cina

–Proseguono oggi a Pechino gli incontri tra le commissioni di Cina ed Ue per risolvere la crisi commerciale generatasi in giugno con il restringimento delle quote di prodotti tessili esportabili. La crisi ha infatti causato la mancanza di prodotti tessili (maglioni, reggiseni, pantaloni, ecc.) nei negozi al dettaglio, tanto che i negozianti temono di non riuscire a rifornirsi in prossimità delle vendite natalizie.

Ieri a Londra Peter Mandelson, Commissario al Commercio dell'Unione Europea, ha annunciato che vuole proporre ai governi degli Stati europei di consentire una maggiore importazione dei prodotti tessili cinesi rispetto alle quote stabilite. Secondo il Commissario, questo consentirebbe di superare entro la metà di settembre la crisi. Intanto a Pechino fonti ufficiali parlano di un clima "franco", ma i giorni scorsi non hanno portato soluzioni.

A giugno Ue e Cina hanno concordato un limite alle importazioni di alcuni prodotti tessili, per il timore che la loro invasione sommergesse la produzione degli Stati membri (secondo stime Ue, il tessile europeo ha perso nel 2004 oltre 165 mila posti di lavoro e un altro milione di posti sono a rischio). Ma ora i dettaglianti europei lamentano che questo limite causa la mancanza di prodotti da vendere. Mandelson biasima i governi europei che, dopo l'accordo di giugno, per settimane hanno consentito la libera importazione di merci, così da esaurire in breve la quota annuale consentita. Osserva, inoltre, che le autorità cinesi sono state "troppo lente nell'introduzione di un loro sistema di controllo sulle esportazioni".

Come risultato, le merci cinesi (in gran parte già pagate dai grossisti europei) si sono ammucchiate nei magazzini doganali dei porti europei, mentre i dettaglianti avvertono che in autunno e inverno avranno gli scaffali vuoti. Secondo stime della Commissione Ue vi sono sono oltre 80 milioni di articoli, tra cui circa 59 milioni di maglioni e 17 milioni di pantaloni bloccati nei porti. L'imposizione delle quote inizia anche a colpire anche la produzione cinese: molte manifatture all'inizio hanno diretto la produzione su vestiti che non avevano raggiunto la quota, come pantaloni e bluse, ma anche questi settori sono ormai saturi. Nella prima metà del 2005 la Cina ha venduto in Europa prodotti tessili per circa 8 miliardi di dollari Usa, quasi lo stesso ammontare dell'intero 2004.

"Nell'esecuzione dell'accordo –osserva Mandelson- c'è stata una disfunzione", ma non per colpa di importatori e venditori al dettaglio che non devono essere ora "penalizzati in modo ingiusto".

Il Commissario ritiene che l'imposizione di quote verso i prodotti cinesi significa proteggere non solo la produzione interna ma anche le importazioni tessili di altri Stati non europei –come Bangladesh, Pakistan, India - e insiste che simili misure deve essere temporanea, per consentire "a ognuno di adeguarsi alla realtà del nuovo mercato, alla crescita della Cina" e per assicurare che i Paesi dell'Ue procedano "a una riforma economica e degli investimenti e ad adattarsi per quanto possibile a questa sfida". "La via del protezionismo –aggiunge- è solo una strada senza sbocco".



TASSO DI OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE


Secondo i recenti dati diffusi dall'Istat, la media nazionale relativa al tasso di occupazione è pari al 57,5%, ancora lontana dal target del 70% atteso per il 2010. L'occupazione femminile, lo stesso si ferma al 45,3% rispetto all'obiettivo del 60%
Occupazione (prime 4 province)
Reggio Emilia 70,8%
Modena 70%
Bologna 69%
Bolzano 69%
Tasso di occupazione femminile

Occupazione (prime 10 province)
Bologna63,2%
Modena62%
Ravenna62%
Reggio Emilia59,5%

Disoccupazione ai minimi dal '93
Tasso al 6,8%, grazie agli stranieri

Risultato record per la disoccupazione in Italia. Il tasso è sceso nel 2006 al 6,8% dal 7,7% del 2005. Secondo l'Istat si tratta del dato più basso dal 1993, da quando cioè esistono dati confrontabili. La crescita dell'occupazione è dovuta per il 46% all'aumento dell'occupazione a tempo determinato e per il 28% all'occupazione a tempo indeterminato degli stranieri.

Nel quarto trimestre 2006 il numero di occupati è risultato pari a 23.018.000 unità con una crescita su base annua dello 1,5 per cento (+333.000 unità). Un contributo rilevante è stato ancora una volta fornito dalla componente a tempo determinato (+191.000 unità) e dagli stranieri nella componente a tempo inde-terminato (+90.000 unità).

Si è inoltre confermata la tendenza all'aumento dell'occupazione delle persone con almeno 50 anni di età. In confronto al terzo trimestre 2006, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale ha registrato un aumento pari allo 0,2 per cento. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è aumentato di sette decimi di punto rispetto al quarto trimestre 2005, portandosi al 58,5 per cento.

Nel quarto trimestre 2006 il numero delle persone in cerca di occupazione è risultato pari a 1.709.000 unità, in calo rispetto allo stesso periodo del 2005 (-13,7 per cento, pari a -272.000 unità). Il tasso di disoccupazione si è posizionato al 6,9 per cento (8,0 per cento nel quarto trimestre 2005). Rispetto al terzo trimestre 2006, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione si è ridotto di due decimi di punto.

Nel quarto trimestre 2006 il numero degli inattivi (15-64 anni) registra un moderato aumento tendenziale (+31.000 unità). Alla significativa discesa nel Nord si è contrapposta la crescita nel Centro e soprattutto nel Mezzogiorno.

La crescita su base annua dell'offerta di lavoro ha sintetizzato un aumento dello 0,2 per cento (+27.000 unità) della componente maschile e dello 0,3 per cento (+34.000 unità) di quella femminile.

Alla positiva dinamica registrata nelle regioni settentrionali (+1,3 per cento, pari a +157.000 unità) e, in misura decisamente inferiore, in quelle centrali (+0,3 per cento, pari a +13.000 unità) si è contrapposta la riduzione del Mezzogiorno (-1,5 per cento, pari a -110.000 unità). In tale area alla nuova diminuzione dell'offerta di lavoro maschile (-1,1 per cento, pari a -53.000 unità) si è associata la significativa contrazione di quella femminile (-2,1 per cento, pari a -56.000 unità).

Con riferimento alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni) il tasso di attività nel quarto trimestre 2006 si è posizionato al 62,9 per cento, invariato rispetto a un anno prima. Al marginale arretramento del livello di attività della componente maschile (dal 74,6 per cento del quarto trimestre 2005 al 74,5 per cento) si è associata la stabilità di quello della componente femminile (al 51,2 per cento).

TASSO DI OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE

Secondo i recenti dati diffusi dall'Istat, la media nazionale relativa al tasso di occupazione è pari al 57,5%, ancora lontana dal target del 70% atteso per il 2010. L'occupazione femminile, lo stesso si ferma al 45,3% rispetto all'obiettivo del 60%:
Reggio Emilia70,8%
Modena70%
Bologna69%

DIVERTENTI



Click to make your own map!
ip-location map zoom

FIERA INTERNAZIONALE CINESE


La Fiera internazionale cinese per gli investimenti commerciali

Il mese prossimo si terrà in Cina la Fiera internazionale 2005 per gli investimenti commerciali. Si tratta dell'unica fiera nazionale finalizzata ad attirare investimenti esteri diretti. Nel corso di un'intervista alla nostra Radio, un funzionario del Comitato organizzatore ha rivelato che l'attuale edizione rafforzerà ulteriormente la funzione di promozione degli investimenti internazionali, presentando al mondo la Cina e assegnando maggiore importanza alla promozione della rivalutazione dei capitali internazionali attraverso la circolazione globale.

La Fiera internazionale cinese per gli investimenti commerciali, patrocinata dal Ministero del Commercio ed organizzata congiuntamente dall'UNCTAD e dall'UNIDO, si tiene ogni anno in settembre a Xiamen, città sud-orientale della Cina, e comprende una Fiera di contatti per progetti di investimento, un Forum di investimenti internazionali e un simposio sui problemi focali degli investimenti, costituendo un'importante piattaforma per la comprensione delle più recenti politiche e ambienti degli investimenti della Cina e degli altri Paesi e regioni del mondo e delle nuove tendenze della circolazione dei capitali internazionali.

Il funzionario del Comitato organizzatore dell'evento e vice direttore del Dipartimento per la cooperazione economica e commerciale con l'estero della provincia del Fujian Yang Biao ha rivelato che l'attuale edizione della fiera privilegerà non solo la promozione degli investimenti bilaterali tra la Cina e gli altri Paesi del mondo, ma anche la costruzione di una piattaforma di scambi di informazioni fra i vari Paesi. Per l'occasione i vari Paesi stranieri potranno firmare accordi di investimento con Paesi terzi. Egli ha detto in merito:

"Oltre 50 Paesi con migliaia di progetti d'investimento all'estero hanno già confermato la loro partecipazione; tra cui Sud-Africa, Giordania, Polonia, Svezia, Damimarca e Cuba. Inoltre alcuni Paesi si stanno mettendo in contatto con noi attraverso le loro ambasciate in Cina. Nel frattempo l'UNIDO organizzerà una fiera speciale per gli investimenti in Africa, portando oltre 300 progetti d'investimento nel continente."

Un altro importante contenuto della Fiera sarà l'incoraggiamento delle imprese cinesi ad investire negli altri Paesi. Negli ultimi anni, in seguito alla crescita della forza economica della Cina, la dimensione dei suoi investimenti all'estero si è ampliata sempre più. Sempre più Paesi e regioni, particolarmente in via di sviluppo, auspicano di diventare le mete degli investimenti di più imprese cinesi. Yang Biao ha illustrato che per portare le imprese cinesi ad investire all'estero, il ministero del Commercio organizzerà nel corso della fiera una serie di attività interessate. Egli ha detto

"Nel 2005 molti Paesi africani e in via di sviluppo hanno mandato inviati in Cina a cercare opportunità di investimento, inoltre anche alcuni Paesi sviluppati come la Germania hanno chiesto alle imprese cinesi di investire sul loro territorio, per cui abbiamo organizzato decine di trattative in merito."

I vari governi locali e le imprese cinesi vedono molto bene la piattaforma di promozione concentrata degli investimenti rappresentata dalla fiera di trattative. Le varie delegazioni partecipanti porteranno con sè buoni progetti d'investimento e completi capitali, auspicando di trovare attraverso la fiera partner di cooperazione sul mercato internazionale.

Yang Biao ha detto che l'attuale edizione della fiera erigerà una piattaforma speciale per le imprese estere, organizzando le imprese cinesi ed estere a procedere a trattative one to one. Inoltre anche molti Paesi e regioni terranno meeting di illustrazione del loro quadro degli investimenti, attirando le imprese cinesi ad investire sul loro territorio, ivi compresi Paesi in via di sviluppo e sviluppati.

Attualmente il Comitato organizzatore possiede già una comprensione iniziale e di base su parte degli investitori e finanziatori che si sono iscritti all'attività di contatti sugli investimenti, auspicando di rendere l'attività più concreta allo scopo di innalzare il tasso di successo degli investimenti.

Sinora si sono tenute 8 edizioni della Fiera internazionale cinese per gli investimenti commerciali, con la firma di più di 15 mila progetti di cooperazione con capitali contrattuali superiori a 94 miliardi di USD.

domenica 9 settembre 2007

Imprenditori italiani in Romania


E' crisi. No, è un nuovo boom. Il minimo che si possa dire a proposito degli imprenditori italiani in Romania è che le loro opinioni sulla situazione economica del paese, sui loro investimenti e sui loro profitti, sono variegate. Anzi contraddittorie. AI di là di qualsiasi valutazione, una novità salta agli occhi: oggi chi investe in Romania non è più il terzista che dal Veneto o dalle Marche trasferisce la sua «fabbrichetta» nel paese dei Carpazi e lavora per grandi imprese come la Geox o la Zanussi.
È il momento invece dell'agricoltura.In questo settore la parte del leone l'ha fatta Stefano Orlandi che con la sua Emilian West Rom ha comprato in Romania oltre 100 mila ettari, l'equivalente di una piccola provincia italiana. Nel solo distretto di Timis (Banato), su 60 mila ettari di aree coltivabili posseduti da imprenditori stranieri, più del 50 per cento appartengono a italiani. Qui Orlandi con la sua Emilian West Rom haacquisito 9.839 ettari, cui si aggiungono i 3.127 ettari della Orlandi Investment.
Sempre nel Timis sono presenti il gruppo Amadori (che in Italia ha grandi allevamenti di pollame) e altri gruppi minori. Inevitabile 1'aumento dei prezzi: nel Banato i terreni agricoli al momento si vendono tra i 5 mila e gli 8 mila euro per ettaro, a seconda della distanza dalla città di Timisoara. Nei pressi del capoluogo regionale i prezzi arrivano fino a Il mila euro. Nel 1999-2000, quando gli imprenditori italiani avevano incominciato ad acquistare terreni agricoli, il prezzo all' ettaro era di mille euro.
Dietro l'agricoltura e i terreni nelle campagne, altro settore che ha di recente attirato l'attenzione degli investitori italiani è quello immobiliare. Come conferma a Panorama Roberto Sperandio, consulente nel settore agricolo e immobiliare. «In quattro anni, dal momento in cui nella Ue è stato introdotto l'emo, il valore degli immobili è quadruplicato. E la corsa non è finita». Cabral Ceroni, immobiliarista, precisa che i rendimenti nel settore abitativo, in città come Bucarest, Timisoara, Arad, Cluj, sono dell'ordine del 30 per cento annuo, per arrivare al 50 e anche al 100 per cento negliuffici e negli immobili di prestigio».
Si tratta di un mercato per gli stranieri e una ristretta minoranza della popolazione: l'89 per cento dei romeni vive infatti al limite o al di sotto della soglia di povertà.
L'impennata nel settore immobiliare è spia di quello che accadrà, se il calendario viene rispettato, a partire dal 10 gennaio 2007, data fissata per l'ingresso della Romania nell'Unione Europea. «Cambieranno molte cose» prevede Marco Petriccione, manager della Banca Italo romena (Gruppo Veneto Banca). «I vantaggi per le imprese italiane presenti nel paese e anche per quelle che verranno saranno notevoli».
Non è certo un caso che società come Finmeccanica, Enel, Ansaldo, Tenaris, Natuzzi, Astaldi, Agip, per citare le più importanti, si siano installate negli ultimi tempi in Romania. «Questo è un paese disastrato dal punto di vista delle infrastrutture»~ ricorda Petriccione. «Mancano strade, autostrade, ferrovie, porti; il sistema sanitario è inesistente)».
Così, i tempi in cui i piccoli e medi imprenditori italiani arrivavano a migliaia in Romania, investivano il minimo e guadagnavano il massimo, sono tramontati o stanno tramontando. Dall'inizio degli anni Novanta sono state circa 17 mila le aziende italiane, soprattutto venete, che hanno scelto la delocalizzazione delle loro attività in questo paese. Oggi ne sono rimaste poco più di 10 mila, di cui solo metà, installate soprattutto nel Banato, operative.
Antonio Passatelli, originario di Castrovillari (Cosenza). studi di psicologia, era stato tra i primi ad arrivare, due anni dopo la caduta e l'esecuzione (Natale 1989) del dittatore Nicolae Ceausescu e di sua moglie Elena. «Allora» dice «lo stipendio mensile di un operaio era di 50 mila lire e la situazione a tutti i livelli era disastrosa. La gente non sapeva lavorare e la produttività era scarsissima. Abbiamo insegnato molte cose ai romeni. Hanno imparato bene. La crisi dei piccoli e medi? C'è, è un dato di fatto. Ma è anche vero che in questi anni c'è stata una selezione naturale. Resiste chi ha operato correttamente, chi ha fatto investimenti giusti, chi ha formato bene le maestranze».
Oggi lo stipendio di base di un operaio è di 97 euro al mese. Ma molti imprenditori, di fronte alla sostanziale mancanza di manodopera specializzata, assumono chi ha conoscenze e buona manualità a 150 euro. Un impiegato di banca, un anno dopo l'assunzione, guadagna mensilmente circa 250 euro, una volta e mezzo lo stipendio di un professore universitario.
«La concorrenza cinese» aggiungono alla Banca Italo romena «non desta grandi preoccupazioni. Almeno per il momento»). La crisi, semmai, è dovuta ad altri fattori, come la rivalutazione del leu (la moneta locale) rispetto all'euro. Una rivalutazione che lo scorso anno è stata del 4 per cento e l'anno prima del 3. Aldo Roccon, titolare dell'Euroccoper, impresa di logistica, ha organizzato per la Confindustria veneta un'indagine conoscitiva sulla situazione delle aziende del Nord-Est presenti in Romania. «Su 2.076 imprese» racconta Roccon «~un terzo è in utile, un altro terzo è in pareggio e il resto è in perdita. E queste percentuali si possono estendere alla totalità delle imprese italiane»).
Uno sguardo realistico e tutto sommato ottimistico sulla situazione delle imprese italiane in Romania lo getta il console a Timisoara, Francesco Catania. «È necessario tenere presente che la Romania è entrata, come era prevedibile di fronte alla prospettiva europea, in una fase di dinamismo economico che comporta costi crescenti e maggiore spirito innovativo. Gli imprenditori italiani si dividono in due categorie: da un lato chi ha capito la nuova situazione e agisce di conseguenza, con processi innovativi e investimenti; dall' altro chi teme la crisi e decide di andarsene, spostando le sue attività magari in Moldavia o in Ucraina».
In ogni caso, gli investimenti italiani non diminuiscono. Semmai arrivano imprese di servizi, assicurazioni e società immobiliari. Lo sguardo di tutti, naturalmente, è fisso sulla linea di partenza europea.

economia europea rallenta


Nel secondo trimestre 2007 il Pil nell'eurozona è aumentato dello 0,3%: una crescita dimezzata rispetto alle aspettative e che conferma il rallentamento generale dell'economia europea. Nella Ue a 27 Stati, il prodotto interno lordo è, invece, salito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Lo comunicano le prime stime Eurostat. Nel primo trimestre del 2007 la crescita era stata dello 0,7% in entrambe le aree.

Rispetto al secondo trimestre 2006, il Pil è aumentato del 2,5% a Eurolandia e del 3,3% nella Ue dopo aver registrato rispettivamente il +3,2% e +3,3% nel primo trimestre. Italia fanalino di coda: nel secondo trimestre del 2007 ha messo a segno appena uno 0,1%, dopo un aumento dello 0,3% da gennaio a marzo. La crescita in Francia e Germania si è attestata allo 0,3%, in Spagna allo 0,9 per cento. Solo la Grecia ha fatto registrare una performance peggiore.

Per la Commissione europea non cambiano le proiezioni di crescita del Pil nella seconda metà dell'anno e nel primo trimestre 2008 nonostante le tensioni nei mercati finanziari e la prospettiva di un indebolimento della crescita americana. Per il terzo trimestre viene infatti confermata la proiezione di crescita tra 0,3% e 0,8% fatta in agosto; per il quarto trimestre le stime vanno da 0,2% a 0,8%; per il primo trimestre 2008 da 0,2% a 0,9%.

Carmen Scortanu
















europa debole

Andare a fare una vacanza nei paesi in cui si paga in dollari, comprare prodotti cinesi a meno prezzo, pagare la benzina meno.
Io mi chiedo: ma i giornalisti che dicono queste scemenze lo sono o lo fanno? o non si rendono conto di quali idiozie stanno dicendo e confermano quello che penso e sento dire dalla gente, ovvero che sono solo schiavi di chi ha interesse a fargli dire simili balle.
Pagare la benzina meno: roba da morir dal ridere.
Certamente i petrolieri la pagano meno e certamente fanno un mucchio di soldi, visto che noi la paghiamo sempre lo stesso prezzo!
Comprare prodotti cinesi a minor prezzo: certo che se si potessero mangiare i computer o i lettori di DVD sarebbe conveniente. Peccato che la spesa ogni giorno si faccia in Euro e peccato che i beni alimentari e agricoli siano iperprotetti e di concorrenza da area dollaro non se ne parla nemmeno
Andare in vacanza dove si paga in dollari: la soddisfazione del pirla. A parte il fatto che sarebbe bene andare in vacanza in Italia, se fosse economicamente accessibile (ormai siamo più cari - sul serio - della Svizzera), ma che soddisfazione c'e' ad andare in vacanza dove si paga in dollari? E' soddisfazione andare in vacanza perchè si sta bene e si guadagna, non di certo quando tornando si potrebbe aver perso il posto di lavoro.
La realtà è che con l'euro così forte non si vende nulla all'estero e l'unico rimedio per le aziende è chiudere o andare a produrre dove il lavoro si paga in dollari. Oggi paradossalmente conviene aprir fabbriche in America, per non dire ovviamente tutti gli altri paesi dell'estremo oriente legati al dollaro.

La realtà è che gli americani sono furbi e usano la valuta politicamente per i loro interessi di medio e lungo periodo. Noi in Europa non abbiamo un potere politico che possa fare altrettanto e ci siamo affidati ai banchieri, che ovviamente gestiscono la valuta cercando di mantenerla ai valori più alti possibili. In questo modo garantiscono il potere di acquisto di chi i soldi li ha, contribuiscono ad aumentare il differenziale fra chi ha e chi non ha, e fanno sì che gli imprenditori e i loro dipendenti vadano in malora.
Quindi, andiamo in vacanza in area dollaro e, mentre siamo la', cerchiamo di vedere se possiamo aprirci un'attivita' e restarci, perche' qui, di questo passo, ci sara' ben poco da ridere.

EURO

EURO